La porta del Borgo costituisce l’accesso alla città da nord-est, attraverso la cortina delle mura medievali, ed immette direttamente nella pubblica piazza. Su questa poggia l’antico palazzo comunale che mostra all’esterno le finestre dalla sala consiliare simmetricamente disposte sopra.
È costituita da quattro grandi arcate che sorreggono un soffitto dalla trabeazione lignea, le più antiche, le due centrali in pietra arenaria locale basate su forti pilastri, presentano un arco a tutto sesto, e sono da considerarsi coeve o immediatamente precedenti rispetto alla costruzione della torre civica, tra il XII e il XIII secolo.
L’arcata interna anch’essa a tutto sesto è stata oggetto di ristrutturazioni legate agli ampliamenti del palazzo nel ‘500, ma il suo aspetto odierno è riconducibile al XIX secolo, alla sommità dell’arco rivolta verso la piazza, nel 1904 è stata inserita la lapide commemorativa di Giuseppe Polidori, garibaldino dei mille realizzata dallo scultore perugino Angelo Biscarini.
L’arcata a sesto acuto, volta verso l’esterno, più stretta delle precedenti, è più tarda – nel 1357 furono ordinati lavori di restauro al palazzo – e fu modificata nel tempo per ragioni strettamente difensive: nel 1374 Ugo della Rocca, castellano di Perugia e preposto alle fortificazioni e alla difesa dei castelli del contado di Porta Sant’Angelo, tra i quali figura anche Montone, ordinò addirittura la chiusura definitiva della Porta del Borgo.
Questo accesso alla città fu oggetto di preoccupazione anche per il conte Carlo Fortebracci che nel 1468 inviò da Chiari una lettera con la quale ordinava al Consiglio e ai Domini sex di fortificarla con importanti opere murarie esterne: un rivellino, un grande muro esterno dalla porta del borgo fino alla torre di San Paolo, inglobando nelle mura quel pozzo che i montonesi chiamano “pozzo dietro”, il tutto da realizzarsi con denari lasciati all’uopo da Niccolò Piccinino e con il contributo personale del conte.