Nel 1308, alcuni cittadini furono costretti dal Comune a vendere il terreno e le abitazioni per fare in modo che i Minori, già presenti a Montone dai tempi di Francesco, potessero costruire il convento e la chiesa infra muros.
La chiesa fu dunque edificata all’inizio del ‘300, secondo l’architettura tipica degli ordini mendicanti grandiosa nella
struttura e modesta nella sua semplicità. Orientata canonicamente con facciata esposta a occidente, si presenta ad unica navata, impreziosita da un’abside poligonale introdotta da un alto arco a sesto acuto. L’aula è coperta da un soffitto a capriate dalla poderosa trabeazione, lungo le pareti, sei monofore garantivano l’illuminazione dell’interno, insieme alla bifora centrale dell’abside e alle due monofore laterali. Sulla facciata un rosone privo di decorazione sovrasta la struttura del portico realizzata presumibilmente tra ‘600 e ‘700.
Nell’interno, l’aspetto della chiesa è molto diverso da quello originario. Nei primi anni del XVI secolo la superficie parietale doveva risultare completamente affrescata; con l’invasione napoleonica la chiesa e il convento furono incendiati e gran parte degli affreschi furono compromessi.
Di tutti gli affreschi sopravvivono ora soltanto lacerti che testimoniano la ricchezza dell’ornamentazione.
Lo strato di dipinti della prima campagna decorativa, della seconda metà del Trecento, è costituito da una serie di croci di consacrazione e da una grande quantità di affreschi votivi di varia qualità. Essi mostrano l’influsso della cultura umbro-perugina che rielaborando modelli tratti dal cantiere assisiate, si diffuse tramite pittori locali fino al Trecento inoltrato.
L’abside riccamente affrescata ad opera di Antonio Alberti da Ferrara, tra il 1422 e il 1424, grazie alla committenza
di Braccio Fortebracci conte di Montone, subì anch’essa devastazioni e rimaneggiamenti. Dove gran parte dell’intonaco dipinto, cadendo, ha lasciato scoperto l’arriccio è tuttavia possibile la lettura della composizione pittorica per la presenza della sinopia.
In quasi tutta la chiesa nella seconda metà del ‘400, gran parte delle decorazioni trecentesche furono “sostituite” grazie all’infaticabile lavoro di raccolta fondi di Stefano Cambi, guardiano del convento almeno dal 1464 fino ai primi anni del ‘500.
I principali committenti delle opere di rinnovamento della chiesa saranno la famiglia Fortebracci e le stesse istituzioni cittadine. La comunità si impegnò nella realizzazione di ben due diverse cappelle, quella di san Sebastiano e quella dedicata alla Vergine Maria. La prima costruita nel 1464 e completata con gli affreschi di Berto di Giovanni nel 1514; la seconda ordinata nel 1471, ospiterà dal 1482 il sontuoso gonfalone della Madonna della misericordia realizzato da Bartolomeo Caporali.
Il Caporali fu impegnato anche nella decorazione pittorica dell’altare dedicato a sant’Antonio di Padova, sul lato opposto della chiesa. L’altare, costruito su commissione di Carlo Fortebracci e Margherita Malatesta per la nascita del figlio Bernardino, fu portato a compimento nel 1491.
Due grandi pale d’altare, una di Luca Signorelli: la Pala di santa Cristina, realizzata nel 1515, e la pala dell’altare
maggiore, la Madonna e santi, di Berto di Giovanni dipinta nel 1507, furono trafugate nell’ottocento e presero la via dell’Inghilterra, la prima si trova alla National Gallery, l’altra orna la cappella privata di Buckingam Palace a Londra.
Completavano la decorazione della chiesa gli arredi lignei, andati perduti in gran parte con l’incendio del 1798.
Di essi rimangono il pregevole coro a tredici stalli, costruito in noce alla fine del XV secolo; il bancone per i domini sex e le magistrature cittadine con cornici e spalliere lavorate a intarsio, del 1505; la grande porta a due imposte, in legno di noce intagliato, realizzata nel 1519 da Antonio Bencivenni che nel 1501 aveva realizzato le porte del Collegio delvCambio e il coro della chiesa di San Domenico a Perugia.