La Pieve di San Gregorio

La Pieve di San Gregorio Magno fu costruita sulla via più breve e più agevole che collega Città di Castello a Gubbio. È posta sul valico che dall’ampia valle del Tevere immette in quella stretta del Carpina, dove la strada prosegue verso Bagnolo e da lì raggiunge Gubbio. Il Castel Vecchio, da cui ebbe origine l’abitato di Montone, era posto sull’altura che controllava il valico.
La fabbrica della Pieve di San Giovanni Battista e San Gregorio Magno di Montone, con buona approssimazione, può esser fatta risalire al IX-X secolo.
La diocesi di Città di Castello fin da allora era costellata da una quantità pievi, poste sulle principali vie di comunicazione tra la campagna e le città, luoghi di diffusione della fede e di battesimo per le popolazioni rurali, nonché di sosta per viandanti e pellegrini.
Fin dal 1100 si conoscono atti che riguardano l’“hospitium” annesso alla pieve, dotato economicamente dall’episcopato e più tardi anche dalla Comunità.
Il vescovo Ugolino Gualterotti tra il 1304 e il 1306, trasferì la propria sede nella pieve di Montone, poiché a Città di Castello la fazione ghibellina, a lui avversa. aveva preso il potere; vi indisse un sinodo diocesano nel 1305 che fu però disertato dai canonici della cattedrale tifernate. Da questo periodo la Pieve di San Gregorio fu dotata di un collegio di canonici, che nel XVI secolo si spostò insieme all’Arciprete nella chiesa di Santa Maria in città.
L’antica pieve è in stile romanico, a tre navate, divise da grandi archi poggianti su forti pilastri in laterizio. La navata centrale culmina in un’abside semicircolare.
Sono visibili dall’esterno due delle primitive feritoie da cui prendeva luce l’aula e la piccola monofora dell’abside tamponata per l’introduzione, nel XVI secolo, della macchina d’altare.
In capo alle tre navate sono disposti tre altari: quello maggiore è costituito da un’edicola con grandi sportelloni in legno. L’altare era dedicato al ss. Crocifisso e in esso erano riposte le statue lignee che ora si conservano nella pinacoteca comunale.
Ai lati dell’altare maggiore stanno due edicole in pietra del secolo XV, trasferite nella pieve dalla chiesa di San Francesco, in un imprecisato momento.
Doveva apparire completamente affrescata, ma molte delle opere che ornavano la chiesa sono andate perdute a seguito delle frequenti imbiancature ordinate nelle visite pastorali, che erano tuttavia necessarie per garantire l’igiene di una chiesa luogo di numerose sepolture. Sopravvivono alcuni affreschi votivi dei secoli XV-XVI e, sulla controfacciata a lato della porta di ingresso, una Trinità.
Sotto la navata destra, una nicchia poggiante su una grande vasca in pietra, inserita nella muratura farebbe pensare all’antichissimo fonte battesimale di cui la Pieve doveva essere provvista fin dall’origine.