La prima notizia che si trova nella documentazione montonese, riguardo l’esistenza di una chiesa dedicata a Santa Maria, è del 1342, se ne fa menzione nello statuto comunale relativamente all’hospitalis pauperum di Santa Maria Nuova. La chiesa che sorge sul colle più alto dei due su cui è edificato Montone, era evidentemente di recente costruzione.
In essa furono trasferiti, nel XVI secolo la cura d’anime e il collegio dei canonici che avevano sede nell’antica pieve
di San Gregorio Magno.
Nel 1571 il visitatore apostolico, Paolo Maria della Rovere, ordinò ai canonici di recitare i sacri offici in Santa Maria, ma la chiesa era piccola e ne dispose l’ingrandimento.
Nel 1595, il nuovo visitatore apostolico, sollevò dubbi relativi non solo alla capienza, ma anche alla sua ubicazione, rilevando che non si trovava in centro, ma nella parte più alta della città e soprattutto in inverno era difficilmente raggiungibile dagli anziani a causa del ghiaccio. Le celebrazioni furono trasferite in Santa Croce che stava nella pubblica piazza, frequentatissima dal popolo, più grande e più comoda rispetto a Santa Maria, inoltre il suo ampliamento avrebbe comportato ingenti spese.
Finalmente si giunse ad ingrandire la chiesa nella seconda metà del ‘600 quando, nel 1657, il canonico Giovanni Pazzaglia donò il denaro necessario per il restauro e l’ampliamento.
I lavori di ammodernamento cominciarono immediatamente, nel 1661 sembra già fossero a buon punto, ma tutta la ricca decorazione e l’assetto definitivo della chiesa trovarono il loro compimento alla fine del XVIII secolo.
La Collegiata è costituita da un grande edificio, dall’impianto a croce latina e abside semicircolare con un alto campanile posto lungo la fiancata destra. La navata è simmetricamente divisa in quattro grandi arcate per ogni lato che accolgono quattro altari, organo e pulpito, e le due ampie cappelle laterali del transetto.
L’aula presenta una copertura lignea a cassettoni poligonali, decorati da motivi floreali in oro, impreziosita da una tela di scuola toscana posta nel centro. La tela raffigura l’Assunta in un tripudio di nubi ed angeli che reggono ghirlande di fiori.
Un maestoso arco introduce l’abside. La mostra dell’altare maggiore è costituita da due colonne in forma d’angelo, capitelli compositi reggono il timpano che è spezzato da una fuga di nubi che sfumano nella minuscola finestrella da cui scende lo Spirito Santo tra angeli musici. La mostra fu realizzata in stucco, alla fine del secolo XVII e ripropone i temi classici della cultura barocca. L’affresco, che decora il soffitto concavo dell’abside, integra consapevolmente l’ornamentazione in rilievo, raffigurando la Pentecoste. Fu dipinto nel 1784 dal fiorentino Giuseppe Parenti. Una pala d’altare della fine del ‘600, che ritrae Maria in trono con il Bambino, san Gregorio Magno e il Battista è inserita in questa cornice monumentale.
Sulla parete di destra, lungo la navata, la prima arcata ospita l’altare eretto nel 1825, dedicato a sant’Albertino da Montone abate di Fonte Avellana alla metà del XIII secolo. La pala, opera del tifernate Vincenzo Chialli, ritrae il santo nell’atto di compiere un miracolo.
Sulla cimasa dell’altare che occupa la seconda arcata di destra è ospitata quella che si può ritenere l’unica opera superstite della chiesa trecentesca: una Madonna del latte di scuola senese dipinta su tavola a fondo d’oro, databile al
XIII secolo.
Nella collegiata sono conservate anche due pregevoli statue, San Rocco e il Salvatore, provenienti entrambe dalla chiesa dell’ospedale di San Fedele. Nella cappella della Madonna del Rosario è invece custodita un’opera proveniente dalla Chiesa di Santa Croce, l’Ultima cena di Denis Calvaert, l’unica tela del pittore fiammingo presente nell’Italia centrale. Fu dipinta nel 1611. All’epoca Montone era marchesato dei Vitelli di Città di Castello e grazie ai legami di questa famiglia con gli ambienti artistici bolognesi, fu realizzata per Montone quest’opera.
La ricca e organica ornamentazione della chiesa, anche se eseguita in tempi lunghi, tra il 1657 e il 1750, derivano molto probabilmente da un progetto unitario, come testimonia tutta la decorazione pittorica della navata. L’insieme costituisce un originale scrigno d’arte di questo periodo, che si può ancora godere nel suo impianto pressoché immutato.