Piazza San Francesco – Valle del Carpina

Il territorio di Montone è bagnato dal Tevere, che ne costituisce il confine sud-occidentale; dal suo affluente di sinistra, il Carpina, con il torrente Carpinella, che scendono dalle rispettive valli a nord e nord-est dell’abitato; il torrente Lana che per buona parte del suo corso ne costituisce il limite territoriale occidentale.
Il Capanneto o Castel Vecchio occupava l’altura ove ora sorge il convento di S. Francesco. Ai lati della primitiva fortezza sommitale due vaste terrazze permettevano, verso ovest il controllo della valle del Tevere, verso est quella del fiume Carpina.
Il Carpina nasce sulle pendici meridionali del monte delle Trecciole, svolge il tratto montano nel comune di Pietralunga, quello collinare e pianeggiante nel Comune di Montone. Il fiume e la fitta rete dei suoi affluenti generano un paesaggio suggestivo e selvaggio fra le colline che degradano dalla dorsale appenninica, di cui si distinguono all’orizzonte le sagome di monte Nerone e di monte Catria, per divagare poi sinuosamente nella pianura coltivata.
Le acque di Carpina e Carpinella, benché irregolarmente legate ai cicli stagionali, hanno costituito da sempre una ricchezza per la popolazione.
L’irrigazione dei campi, nella pianura, permetteva l’approvvigionamento del centro abitato di derrate alimentari sufficienti al proprio fabbisogno e l’acqua necessaria all’allevamento del bestiame.
Lungo le sponde dove la corrente diminuisce e il fiume si allarga in placide pozze, i detriti trasportati si depositano sotto forma di ciottoli, ghiaia e sabbia che, per secoli hanno costituito il materiale per la pavimentazione dell’abitato di Montone e per la costruzione dei fabbricati più poveri. L’arenaria estraibile dalle piccole cave poste a mezzacosta sui versanti vallivi del Carpina permetteva la lavorazione di conci adatti alle costruzioni più importanti.
Il corso dei due torrenti era costellato in passato da un gran numero di molini, che sfruttando l’energia dell’acqua con ingegnosi metodi di canalizzazione, consentivano la molitura dei cereali, delle biade, delle olive e anche dell’ Isatis tinctoria per la produzione del guado, il colorante azzurro che dal XIII al XVIII secolo era destinato alla tintura di filati.
Salendo a ritroso il corso del Carpina e della Carpinella ci si inoltra tra boschi che mostrano, soprattutto in autunno, una ricchezza di colori sorprendente, tanto è variegata la popolazione delle specie vegetali presenti.
Tra i fiori sono da segnalare 4 specie di orchidee considerate rare, ma protagoniste assolute delle due valli, per il grande prestigio gastronomico, sono le numerose tartufaie naturali che permettono la raccolta di trifola, di bianchetto, di scorzone e più raramente del nero di Norcia.
Nella valle nidificano ben 72 diverse specie di uccelli; la qualità dell’acqua è tale da accogliere trote fario, granchi e gamberi di fiume.
L’esistenza di una fauna ricca e diversificata è dovuta alla varietà di cibo presente a tutti i livelli della catena biologica, indicatore inconfondibile di un’agricoltura praticata a basso impatto ambientale. Qui, grazie alla scarsa antropizzazione in epoca recente, la natura può mostrare a pieno la propria bellezza ed il proprio splendore.