Nel 1170 la contessa Odolina donò all’Abbazia benedettina di San Bartolomeo di Camporeggiano un horto, sul quale i monaci avrebbero dovuto costruire una chiesa dedicata alla Santa Croce. I monaci si attivarono per la costruzione della chiesa con il Priorato. Già nel 1227, Santa Croce costituiva uno dei luoghi “ufficiali” dove stipulare atti pubblici e privati e, fino alla costruzione della chiesa di Santa Maria Nuova, svolse un ruolo centrale come
luogo di culto. Nel 1595, la chiesetta di Santa Maria risultava piccola agli occhi del visitatore apostolico monsignor Fabio Tempestivo. Egli impose, ai canonici del Collegio che vi risiedeva, di trasferire le celebrazioni in Santa Croce
che stava nella pubblica piazza ed era frequentatissima dal popolo tutto perché “più decente, più comoda e soprattutto più grande”.
Nel 1611 la chiesa fu arricchita, grazie all’intervento della famiglia Vitelli, che commissionò a Denis Calvaert, l’unica tela del pittore fiammingo presente nell’Italia centrale, un’Ultima cena ora conservato nella Collegiata di Santa Maria Assunta. Quando dal 1657 la Collegiata fu ingrandita e restaurata, Santa Croce perse la propria supremazia e progressivamente cadde in disuso.
A seguito dei vari rifacimenti, l’aspetto della chiesa è notevolmente cambiato, l’ultima testimonianza che abbiamo
di una precedente facciata risale agli anni ’40 del Novecento, quasi completamente in laterizio presentava due
coppie di lesene ai lati del portale superstite. La decorazione di quest’ultimo, da collocarsi nella seconda metà del XVI secolo, è piuttosto insolita per l’ingresso di una chiesa: sull’architrave che presenta sporgenti modanature a cornice, intercalati da festoni a motivi fitomorfi, sette mascheroni dalle orribili bocche sono disposti simmetricamente, tre su ogni estremità sopra gli stipiti e uno centrale; ornamentazione sicuramente più adatta all’ingresso di un teatro che a quello di una chiesa.